Il 3 Aprile 2015 - 15 Nisan 5775 si è svolta al Milk Verona LGBT Community Center l'apericena a tema ebraico - come spiega il volantino allegato, non era il caso di organizzare un Seder vero e proprio.
C'è stata una decina di paganti, che hanno generosamente sostenuto il Verona Pride; non si è distribuita un'Haggadah, ma il volantino che qui si riporta:
Pesach 5775 – Pasqua 2015
Stasera è la prima luna piena di primavera, e si celebra quindi la Pasqua ebraica. È una festa con tanti nomi, di cui quello che ci piace di più è “Festa della nostra liberazione”, “Chag Cheiruteinu” in ebraico.
Gli stessi rabbini religiosi (ci sono anche rabbini atei) avvertono che l’Egitto non è solo un luogo fisico, e la liberazione non è solo dai lavori forzati: l’Egitto è il più grande degli armadi, quello che ti fa perdere la tua identità perché la nascondi pure a te stesso.
Uscire dall’Egitto è una cosa che si deve perciò ripetere in ogni momento, non solo celebrare ogni anno, ricordava il rabbino Nachman di Breslov, più noto perché diceva che il più grande comandamento è essere sempre felici.
Anche se il racconto biblico dell’esodo è storicamente implausibile, ciononostante ha ispirato moltissimi movimenti di liberazione – per esempio, è stato facile per i neri d’America identificarsi con gli ebrei di cui parlava la Bibbia, ed identificare il Mississippi con il Nilo.
Non capiremmo l’opera del pastore battista Martin Luther King se non fosse stato ispirato dall’Esodo,e nemmeno i molti ebrei (tra cui il rabbino Abraham Joshua Heschel) che lo aiutarono.
Un più ampio studio l’ha fatto l’americano Michael Walzer, nel suo libro “Esodo e rivoluzione”; ma la cosa più importante che lui ricorda è che, come la fine dell’oppressione dipende dalla decisione degli oppressi, la sua continuazione dipende dai compromessi che loro fanno con lei.
La descrizione degli ebrei che rimpiangono l’Egitto da cui prima se ne erano voluti andare è psicologicamente felice, ed anche nel movimento LGBT troviamo persone che preferiscono coprire l’omofobia, la bifobia e la transfobia istituzionalizzate anziché smascherarle.
Non possiamo inventarci miracoli per uscire dai vicoli ciechi; quello che possiamo e dobbiamo fare è smascherare l’oppressione e convincere le persone a combatterla proponendo loro un futuro migliore.
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Questa cena è stata preparata rapidamente come le azzime di cui parla il racconto biblico, a cui non fu dato il tempo di lievitare, tanta era l’urgenza di uscire dall’oppressione – spero che perdonerete alcuni difetti e non farete mancare il vostro appoggio al Verona Pride.
Non è una cena pasquale in piena regola, perché sarebbe stata molto laboriosa ed anche noiosa per alcuni; nel prepararla abbiamo cercato però di rispettare le regole alimentari ebraiche, che a Pasqua diventano particolarmente stringenti.
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“Non è in Cielo” è una Havurà [gruppo di studi ebraici] ospitata dal Milk; anche se ognuno è il benvenuto, anche solo per curiosità nei confronti della storia e della cultura ebraica, essa fa capo alla Society for Humanistic Judaism. Per essa l’ebraismo non è una religione, ma una identità storica e culturale, e riconosce come ebreo chiunque voglia far parte di questo popolo, e condividerne il destino (non è, purtroppo, un impegno dappoco).
Celebra anche matrimoni tra ebrei e non ebrei (cosa non scontata), indipendentemente dal genere degli sposi, in quanto sostiene il matrimonio egualitario ed i diritti LGBT in genere. Sostiene inoltre lo stato d’Israele, ma anche la pace con i palestinesi – e l’eguaglianza dei diritti di tutti i cittadini israeliani (cosa neppure questa scontata).
Il nostro obbiettivo non è solo il discutere di questioni ebraiche, e di far conoscere l’ormai lunga tradizione, non solo americana (pensate a Mario Mieli), di militanti ebrei LGBT, ma anche di raccogliere almeno 5 persone per fare di questa Havurà un circolo ARCI – affiliato anche alla SHJ.
Come si dice in ebraico, BeTeiavon = Buon Appetito!
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