martedì 7 luglio 2015

Laicità insufficiente in Israele



Parecchio spiace osservare che lo stato d'Israele sta diventando la dimostrazione per assurdo dell'importanza della laicità dello stato.

Secondo [1], l'attuale ministro israeliano degli affari religiosi David Azoulay si è permesso il gran lusso di dichiarare che gli ebrei riformati non possono essere considerati ebrei.

Non è la prima volta che il ministro in questione ha attaccato gli ebrei non ortodossi, tant'è vero che i riformati hanno chiesto le sue dimissioni, in quanto lo ritengono incapace di essere il ministro di tutti i cittadini israeliani.

Secondo [2], Benyamin Netanyahu si è reso conto della frittata che ha fatto il suo ministro, ne ha pubblicamente preso le distanze, e lo ha convocato per spiegargli appunto che lui deve essere il ministro di tutti i cittadini israeliani.

Il problema, purtroppo, non è solo nel ministro, o nel partito a cui appartiene (lo Shas), ma nel fatto che nel migliore dei mondi possibili non dovrebbe esistere un Ministero degli Affari Religiosi.

Questo per il semplice motivo che un ministero amministra risorse pubbliche, ma in un paese moderno lo stato non distribuisce risorse pubbliche a nessuna religione.

Azoulay dice cose che molti ebrei ortodossi dicono - ritengono la loro denominazione il metro campione dell'ebraismo, in diritto di giudicare l'ebraicità di chiunque; è una cosa perlomeno maleducata se a farla è un privato cittadino, e Netanyahu ha dovuto ammettere che è politicamente rovinosa se la fa un ministro.

Purtroppo, è nella logica di un Ministro degli Affari Religiosi dire queste cose: se il suo ministero distribuisce risorse pubbliche tra le confessioni religiose, deve accertarsi che la parte riservata agli ebrei sia ripartita solo tra chi è ebreo, altrimenti si commette peculato.

Quello che sta accadendo negli USA (ovvero che le comunità islamiche hanno promosso una raccolta fondi in pro delle chiese cristiane nere distrutte dagli incendi dolosi) potrebbe essere un reato in Israele se l'aiuto dei mussulmani ai cristiani viene dato con fondi ricevuti dal governo israeliano anziché con le offerte dei fedeli - se si facesse una simile raccolta fondi, occorrerebbe una contabilità attenta per dimostrare che non si sta coprendo una distrazione di fondi pubblici.

Ci si lamenta che Azoulay ha dato la risposta sbagliata alla domanda: "Chi è ebreo per il Ministero degli Affari Religiosi?", ma è la domanda che è assurda, perché chi la pone (il Ministero degli Affari Religiosi) non dovrebbe nemmeno esistere.

Le confessioni religiose dovrebbero essere considerate enti non-profit, che campano senza contributi pubblici. E mi va bene se le offerte dei fedeli, oculatamente amministrate, hanno consentito loro di crearsi un patrimonio.

Negli USA l'impossibilità per le religioni di accedere ai fondi pubblici ha portato ad un enorme sviluppo della filantropia, in tutte le religioni, in quanto tutti sanno che se vogliono i loro luoghi di culto, i loro ministri del culto, le loro scuole religiose sviluppate in tutti i gradi che vanno dall'asilo alla facoltà teologica, la loro assistenza religiosa spirituale, materiale e spesso sanitaria, nonché i loro media religiosi, devono mettere mano al portafoglio - e sapere che i più fortunati devono pagare anche per i meno fortunati.

In Italia non c'è questa mentalità - si considerano i "servizi religiosi" un atto dovuto, senza rendersi conto che se non paga il fedele, paga il contribuente, e questo vuol dire che uno dei due condiziona l'altro: o il fedele estorce denaro al contribuente (quello che accade in Italia ed Israele), oppure il contribuente sorveglia il fedele (il modello cesaropapista delle chiese cristiane ortodosse, imitato dai paesi islamici con i loro muftì).

Inoltre le statistiche israeliane mostrano che, anche se in teoria il Ministero degli Affari Religiosi eroga denaro a tutte le religioni presenti in Israele, la proporzione che va agli ebrei ortodossi è superiore alla loro proporzione della popolazione israeliana. È una delle tante distorsioni che evidenziano la mancanza di laicità dello stato israeliano.

Raffaele Yona Ladu

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