martedì 30 giugno 2015

Amensour con Levinas contro i no-gender



L'editore Quodlibet, pubblicando [1], ha affidato il commento a Giorgio Agamben ed a Miguel Amensour; di quest'ultimo commento ritengo opportuno citare un brano:
Occorre distinguere accuratamente due movimenti nella progressione del testo: da un lato, la valorizzazione del privilegio accordato all'esperienza del corpo biologico; dall'altro, la definizione, la nominazione di una nuova Stimmung che conferisce all'hitlerismo la sua dimensione ontologica, ovvero l'incatenamento. Precisiamo che Levinas non si accontenta di constatare l'incatenamento, di registrarlo come un effetto inevitabile, quasi automatico, del primato del corpo biologico. Egli vi scorge molto di più. Lo mette in rilievo come un modo di essere, un valore della nuova società, una concezione del destino umano che giunge a un'autentica accettazione dell'incatenamento, in altre parole alla sua glorificazione. Accettazione, in effetti, è da intendere nel senso forte del termine, poiché è in questione la sincerità di coloro che vi si abbandonano, meglio ancora, il loro accesso possibile all'autenticità; in poche parole ne va dell'accesso al loro essere più profondo e più autentico. Da notare che uno dei motivi di attrazione più forti di questo incatenamento risiederebbe nel rifiuto del carattere ludico della società moderna, che gioca tanto con la libertà che con la verità. Accettare l'incatenamento vuol dire smettere di giocare, incatenarsi alla propria identità, alla verità di questa identità, vuol dire accettare, prendere su di sé la serietà della storia e dell'esistenza. Nessun dubbio che vi sia qui una critica della società moderna liberale, borghese, che cerca al tempo stesso più la sicurezza che la libertà e si compiace di un gioco fatto di assenza di convinzione e di irresponsabilità. In questo senso l'hitlerismo sarebbe una forza reattiva: "a un società in queste condizioni ... l'ideale germanico dell'uomo appare come una promessa di sincerità e di autenticità". Così, controcorrente rispetto ai grandi orientamenti della civiltà europea, l'incatenamento si rivelerebbe come il modo di esistere più autentico. Singolare inversione: mentre tradizionalmente l'immagine delle catene evoca la perdita della libertà, la riduzione in schiavitù, un attentato all'autonomia dell'io, improvvisamente si opera un rovesciamento di prospettiva tale che, una volta evacuata la questione della libertà, considerata un falso problema, "liquidata", la catena diviene il simbolo della coincidenza a sé, dell'identità infine riconquistata e accettata consapevolmente, di una verità dal sapore senza eguali. Di qui una nuova definizione dello spirituale in cui convergono la riabilitazione del biologico e la glorificazione dell'incatenamento, in cui si effettua senza posa un passaggio dall'uno all'altro. "Il biologico, con tutta la fatalità che comporta, diventa ben più che un oggetto della vita spirituale, ne diviene il cuore ... È in questo incatenamento al corpo che consiste tutta l'essenza dello spirito ... L'essenza dell'uomo non è più nella libertà, ma in una sorta di incantamento".
Credo che questo spieghi molto bene, meglio di come sono stato capace in [2], i sentimenti di chi milita nei movimenti no-gender. E perché abbiamo il diritto ed il dovere di mostrarne la contiguità con quelli dei nazisti antisemiti.

Raffaele Yona Ladu
Orgogliosamente ebreo

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