giovedì 25 giugno 2015

Per la Comunità di Base di Verona

Mi è stato chiesto di scrivere un contributo per la Comunità di Base di Verona, ed ho voluto pubblicarlo anche qui.

Cari lettori,

mi chiamo Raffaele Yona Ladu, sono il vicepresidente del Circolo ARCI Lieviti ( http://biqueer.blogspot.it/ ), la prima associazione italiana di persone bisessuali (che cioè amano persone di più di un sesso o genere) ed ho creato “Non è in cielo” ( http://non-e-in-cielo.blogspot.it/ ), un gruppo di studi ebraico-umanistici affiliato al Congresso Mondiale degli Ebrei GLBT [Gay, Bisessuali, Lesbiche, Trans].

L’enciclica papale “Laudato Sì” non si occupa soltanto di ecologia – dedica un paragrafo, il 155, ai rapporti dell’uomo con il proprio corpo, e tra gli uomini e le donne. Ve ne riporto il testo:
155. L’ecologia umana implica anche qualcosa di molto profondo: la necessaria relazione della vita dell’essere umano con la legge morale inscritta nella sua propria natura, relazione indispensabile per poter creare un ambiente più dignitoso. Affermava Benedetto XVI che esiste una «ecologia dell’uomo» perché «anche l’uomo possiede una natura che deve rispettare e che non può manipolare a piacere».[120] In questa linea, bisogna riconoscere che il nostro corpo ci pone in una relazione diretta con l’ambiente e con gli altri esseri viventi. L’accettazione del proprio corpo come dono di Dio è necessaria per accogliere e accettare il mondo intero come dono del Padre e casa comune; invece una logica di dominio sul proprio corpo si trasforma in una logica a volte sottile di dominio sul creato. Imparare ad accogliere il proprio corpo, ad averne cura e a rispettare i suoi significati è essenziale per una vera ecologia umana. Anche apprezzare il proprio corpo nella sua femminilità o mascolinità è necessario per poter riconoscere sé stessi nell’incontro con l’altro diverso da sé. In tal modo è possibile accettare con gioia il dono specifico dell’altro o dell’altra, opera di Dio creatore, e arricchirsi reciprocamente. Pertanto, non è sano un atteggiamento che pretenda di «cancellare la differenza sessuale perché non sa più confrontarsi con essa».[121]
[120]: DISCORSO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI : Reichstag di Berlin : Giovedì, 22 settembre 2011
[121]: PAPA FRANCESCO : UDIENZA GENERALE : Piazza San Pietro : Mercoledì, 15 aprile 2015
I problemi che pone in me questo paragrafo cominciano con il concetto di “natura umana”.

La critica più comune ed efficace al concetto è che, poiché non c’è nulla che ci permetta di distinguere infallibilmente il “naturale” dall’“innaturale”, si rischia di dichiarare “innaturale” quello che non facciamo noi e le persone che conosciamo meglio, ma che altre persone lontane di cui non sappiamo nulla fanno senza danno per nessuno.

C’è però anche un altro aspetto: il pensiero ebraico rigetta questo concetto. Ve ne potete rendere conto leggendo questo brano che Adriano Fabris, nel suo libro “Il pensiero ebraico contemporaneo”, alle pp. 118-119, dedica ad Abraham Joshua Heschel (1907-1972), pensatore molto noto anche in Italia, ed apprezzatissimo anche da molti cattolici:
Definendo l'uomo come essere del pathos, il nostro autore individua nel trascendimento-di-sé, che si esprime nelle diverse modalità coscienziali, la caratteristica essenziale dell'uomo. "La condizione più caratteristica dell'uomo è la scontentezza per il mero essere, originata da una sollecitudine che non si può far derivare dal semplice essere capitati qui, dall'esserci [...] La coscienza dell'io si manifesta nel suo essere sollecitata" (Heschel, 1971, p.161). Tale trascendersi del pathos dell'uomo spinge il nostro autore ad affermare che propriamente non esiste una natura umana, qualcosa di determinante che condizioni necessariamente l'uomo. L'uomo non è mai finito, non è un essere immutabile. "L'essenza dell'uomo infatti non si esaurisce in ciò che egli è, ma in ciò che può essere" (Heschel, 1970, p. 215). Queste possibilità sono dischiuse nell'immagine che ogni uomo cerca e sceglie di sé. "L'immagine dell'uomo influisce sulla natura dell'uomo. Ogni tentativo di dedurre un'immagine della natura umana si riduce alla deduzione di un'immagine che già originariamente vi era insita" (Heschel, 1971, p.17).
Heschel pone quindi una dialettica tra essere uomo (human being) ed essere umano (being human): una dialettica tra natura e cultura. Heschel vuole affermare così che l'uomo può comprendersi pienamente solo nel suo essere umano, cioè nel dover-essere, e non nel suo semplice essere-uomo. (...)
Per questo pensatore, lo scopo dell’uomo non è vivere secondo natura, ma il trascendere la propria natura.

Dio non chiede ad Abramo solo di lasciare la propria terra e la propria famiglia d’origine (Genesi 12:1-3), ma di trascendere la propria natura per porre sé, la propria famiglia di elezione, e la propria discendenza al servizio di Dio; e lo scopo della liberazione degli ebrei dall’Egitto è farne un “popolo peculiare”, un “regno di sacerdoti ed una nazione santa” (Esodo 19:4-6), non di seguire una legge naturale.

Uno dei concetti più cari agli attivisti ebrei contemporanei di ogni paese è il “tiqun ha-‘olam = perfezionamento del mondo”: il mondo non va lasciato così com’è, perché Dio stesso ci chiede di cooperare con lui per migliorarlo. Non è solo il prendere atto che il male ha corroso un’opera magnifica, è il capire che Dio avrebbe voluto comunque che l’uomo continuasse il suo lavoro creatore.

Anche la circoncisione avrebbe questo significato: un midrash dice che uno dei carcerieri romani di rav Aqiva lo prese in giro perché circonciso - secondo quel romano, il pene era già a posto nel suo stato naturale, e pertanto la circoncisione era completamente superflua.

Aqiva rispose facendogli notare che quando lui era nato non gli avevano lasciato attaccato il cordone ombelicale. Il fatto che una cosa sia secondo natura non significa che la si debba lasciare inalterata; per un ebreo circoncidersi significa modificare la propria natura (oops ... il gioco di parole non è ebraico) per porsi al servizio di Dio.

Tutto questo ci permette di stabilire che il fare della natura un legislatore non ha origine nella Bibbia – ha origine nella filosofia stoica, di cui l’esponente più noto è Seneca.

Nel mondo antico il postulare una natura umana universale ha avuto il grande pregio di abolire le differenze sociali ed affratellare le persone; ora, sempre più spesso, il concetto di “natura umana” viene usato per dividere, e diventa difficile limitarsi ad un educato dissenso.

Infatti, fare appello alla “natura umana” per negare diritti a delle persone che agirebbero contro di lei non nuoce soltanto alle persone LGBT (Lesbiche, Gay, Bisessuali, Trans), nuoce anche agli ebrei ed a tutti coloro che rifiutano questo concetto.

Non per niente, l’antisemitismo che culminò nell’ideologia nazista, da Nietszche ad Heidegger, affermava che gli ebrei impedivano alla natura di seguire il suo corso, ed il filosofo ebreo Emmanuel Lévinas, nel suo opuscolo del 1934 “Alcune riflessioni sulla filosofia dell’hitlerismo”, affermò che nel nazismo c’era un’idolatria della natura.

Direi perciò che il concetto di “natura umana” va usato con cautela.

Passando dalla natura umana alla differenza sessuale, grande tema che appassiona il pensiero religioso cristiano e filosofico in generale negli ultimi decenni, vorrei rassicurare i lettori: tutti sappiamo che la differenza sessuale esiste; ma ognuno la concepisce in modo diverso.

La concezione propugnata dagli ultimi pontefici, a partire almeno da Giovanni Paolo 2°, e che si ritrova anche in altre confessioni cristiane, è “essenzialista”. In filosofia l’essenza è “la realtà propria e immutabile delle cose, intesa soprattutto come la forma generale, l’universale natura delle singole cose appartenenti allo stesso genere o specie” (Dizionario di Filosofia Treccani, 2009), e qui nasce il serio problema.

Se si è convinti che la mascolinità e la femminilità siano “realtà proprie ed immutabili”, e che ogni uomo e donna non possano fare altro che incarnarli, questo significa che i rapporti tra i sessi sono fissati in una forma che viene fatta risalire al divino volere, ed ogni deviazione è pericolosa.

L’esperienza mostra invece che uomini e donne ricoprono ruoli sociali molto diversi a seconda dei tempi, dei luoghi e delle culture; se provate a studiare il modo in cui i vostri amici e parenti vivono il loro ruolo di genere, scoprite che ognuno lo interpreta a suo modo; e se cominciate a confrontare gli amici italiani con quelli stranieri, quelli che si riconoscono in un movimento ecclesiale con quelli che si riconoscono in un altro, quelli di una fede con quelli di un'altra, cominciate a rendervi conto dell'enorme variabilità di questi ruoli.

È bene chiedersi in che misura i diversi ruoli si dimostrino oppressivi, e modificarli, ma se lo scopo è ricondurli ad un modello prefissato, non si va molto lontano.

Chi si appella a questo modello lo basa su Genesi 1:27: “Maschio e femmina Iddio li creò”. La mia opinione è che si sta cadendo di nuovo nel medesimo errore commesso con Giosuè 10:12: “Sole, fermati in Gàbaon, e tu, luna, sulla valle di Aialon”.

La Bibbia non è un trattato di biologia, così come non è un trattato di astronomia; è almeno dal tempo degli Amorei  (tra gli autori del Talmud, vissuti tra il 200 ed il 500 dell’era volgare) che gli ebrei danno di quel passo un’interpretazione allegorica, e cito per tutti un raffinato pensatore, Joseph Ber Soloveitchik (1903-1993), che scrisse:
I principi della creatività e della recettività, dell'agire e del subire, dello stimolare e dell'assorbire, dell'aggressività e della tolleranza, dell'iniziare e del completare, dell'emanazione illimitata di un essere trascendente e della misurata riflessione del cosmo, sono ritratti dal motivo duale della mascolinità e della femminilità all'interno della nostra esperienza religiosa ... La trascendenza incondizionata, creativa, infinita, e l'immanenza autocondizionata, ricettiva e finita di Dio sono simbolizzati dalla mascolinità e dalla femminilità.
Del resto, già il Talmud parla delle persone intersessuali (in cui la determinazione del sesso biologico è incerta – forse gli eunuchi di cui parlano Isaia 56:3 e Matteo 19:12 erano appunto intersessuali), ed i suoi autori non potevano perciò cullarsi nell’illusione che l’umanità si potesse dividere nettamente in maschi e femmine.

Come insegna Maimonide, se l’interpretazione letterale di un passo biblico si dimostra irragionevole (Geremia 32:21: “Tu conducesti il tuo popolo fuori dal paese d'Egitto (…) con mano potente e braccio steso”), o falsa (il già citato Giosuè 10:12: “Sole, fermati in Gàbaon, e tu, luna, sulla valle di Aialon”), si deve passare ad un’interpretazione allegorica.

Parlando di modelli sociali, entra qui il discorso del “genere” o “gender”. Comincio semplicemente a dire che la differenza tra “sesso” e “genere” è questa: il sesso è il dato biologico, il genere quello psicologico e sociale.

Scendendo più in dettaglio, il modello più comune dell’“identità sessuale” la divide in quattro componenti:
  • Sesso biologico (in prima approssimazione, la struttura corporea);
  • Identità di genere (il sentirsi appartenere ad un gruppo di persone o ad un altro – per esempio, i maschi o le femmine);
  • Orientamento sessuale (il desiderio di stabilire relazioni intime [non solo di procurarsi la soddisfazione sessuale] con persone di un gruppo o di un altro – gli orientamenti più comuni sono l’eterosessuale [verso persone di un gruppo diverso dal proprio], l’omosessuale [verso persone del proprio gruppo], bisessuale [verso persone del proprio gruppo e di altri gruppi]; pedofilia e zoofilia non sono orientamenti sessuali, perché chi le pratica non desidera stabilire una relazione intima con le proprie vittime, ma solo sfruttarle sessualmente);
  • Ruolo di genere (il comportarsi come la società chiede ad un gruppo di persone o ad un altro – sempre per esempio, i maschi o le femmine).
Nella maggior parte delle persone (circa il 95%), non ci sono dubbi sul sesso biologico, l’identità di genere è allineata ad esso, e l’orientamento è eterosessuale. Quella che è una maggioranza statistica diventa una norma da seguire se si ha una concezione essenzialista della mascolinità e della femminilità; e con questa concezione non si ha sufficiente riguardo per la variabilità dei ruoli di genere a seconda dei tempi, dei luoghi e delle culture.

Cambiare il sesso biologico richiede trattamenti medico-chirurgici specializzati, dolorosi, costosi, ed ancora poco soddisfacenti; e cambiare identità di genere ed orientamento sessuale è assolutamente impossibile.

Lasciate perdere sia chi vi vuole spaventare dicendo che a scuola si vogliono rendere i bambini omosessuali, bisessuali, o transessuali (se anche ci si provasse, non si otterrebbe nulla), sia chi vi vuole abbindolare dicendo che si può smettere di essere omosessuali (le migliaia di omosessuali finiti sul rogo, o nei campi di concentramento nazisti, sono la macabra prova che non è vero; ed il 25 Giugno 2015 nel New Jersey è stata condannata per frode in commercio un'organizzazione ebraica chiamata JONAH che prometteva di curare una cosa che non è una malattia - l'omosessualità). L’unica cosa che si può cambiare con relativa facilità è il ruolo di genere, perché è un costrutto sociale.

E, guarda caso, gli ebrei e gli omosessuali avevano una caratteristica in comune per i nazionalisti alla cui ideologia avrebbe attinto il nazismo: non vivevano secondo la concezione che costoro avevano della virilità – quello che oggi chiameremmo “ruolo di genere maschile”.

Dovremmo aver imparato la lezione: imporre ruoli di genere troppo rigidi è molto pericoloso. Un conto è lottare contro l'oppressione e la violenza di genere, un altro aver paura del pluralismo sociale.

Quello che temono i “movimenti no gender” è che i ruoli di genere vengano cambiati in un modo che a loro non piace, prima ancora che vengano definitivamente sdoganate dalla società (la medicina e la psicologia lo hanno già fatto) l’omosessualità, la bisessualità, la transessualità. E quando gli argomenti scarseggiano, fioriscono le panzane e gli appelli ad una non meglio chiarita volontà divina.

Rifiutare una visione “essenzialista” della differenza sessuale non vuol dire rifiutare la realtà di questa differenza. L’enciclica cade in questo errore quando dice: 
Pertanto, non è sano un atteggiamento che pretenda di «cancellare la differenza sessuale perché non sa più confrontarsi con essa».
La frase “non è sano” in un dibattito squalifica chi la usa, perché le idee vanno confutate, non sottoposte a diagnosi psichiatrica; ora vi mostro una visione alternativa della differenza sessuale – non dico che sia la migliore, ma permette di capire che “ci sono più cose in cielo ed in terra che nella (…) filosofia” espressa nel paragrafo 155 dell’enciclica.

Dal 1983 esiste a Verona la comunità filosofica femminile Diotima, ispirata al “pensiero della differenza sessuale” di Luce Irigaray; che cosa loro intendano per “differenza sessuale” lo si può intuire da questo brano pubblicato in http://www.arcosricerca.it/Lavori/step/Il%20pensiero%20della%20differenza%20e%20la%20pedagogia%20della%20differenza%20sessuale.pdf
Non è dunque in riferimento a valori e qualità corrispondenti ad un supposto carattere biologico-sociale femminile, o ad una presunta essenza o identità dell'essere donna, che questo ordine si costituisce: perché questo avverrebbe in un regime di soggezione a quanto pensato dall'altro soggetto, obbligando le donne alla fantasia di una realtà fatta da altri. Questo ordine invece, che ha carattere di necessità perché corrisponde alla verità della differenza sessuale, viene alla luce generando i propri principi costitutivi in riferimento ai valori scaturiti dalle relazioni tra donne che hanno inteso valorizzare il proprio sesso per farsi soggetti.
Il brano è chiaro: una visione “essenzialista” della differenza sessuale fa delle donne l’incarnazione non della propria femminilità, ma delle fantasie che gli altri fanno su di loro. L’essere umano (non solo la donna) si costituisce nella relazione sociale, e, per quanto sia importante il dato biologico, non è il solo a determinarne carattere e scelte di vita.

Vogliamo discutere seriamente della differenza sessuale? Togliamo gli anatemi, anche e soprattutto quando travestiti da diagnosi, ed ammettiamo il pluralismo delle idee. Il resto verrà.

Raffaele Yona Ladu


2 commenti:

  1. Leggiti un po di san Paolo e poi ne riparliamo

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    1. Non sono cristiano, bensì ebreo. Paolo di Tarso per me è materia scolastica, non maestro di vita. E le obiezioni alla sua antitesi "parà/katà physin" le ho già espresse qui.

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